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L’ansia è uno stato psicofisico caratterizzato da una sensazione di apprensione, di incertezza, di paura e di allarme nei confronti di eventi verso i quali il soggetto si sente indifeso e/o impotente.

Essa implica un coinvolgimento psichico e somatico, associandosi a modificazioni biologiche, ed interessando diversi sistemi tra i quali: neuro-trasmettitoriali, immunitari, neuroendocrini.

I sistemi cerebrali che regolano la risposta ansiosa sono piuttosto complessi. Tra le regioni cerebrali implicati, un ruolo primario è rivestito dall’amigdala, dall’ippocampo e dalla corteccia prefrontale.

Ma è proprio nell’amigdala che i circuiti della paura hanno il nucleo centrale del passaggio delle informazioni.

Si tratta di una struttura molto complessa in grado di rispondere in modo rapidissimo al pericolo attivando una serie di risposte sia somatiche (aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, iperventilazione) che comportamentali (affrontare il pericolo o evitarlo).

La paura e il riconoscimento del pericolo rappresentano due elementi di cui l’essere umano non può prescindere poiché funzionali alla propria esistenza ed evoluzione. In quest’ottica, il meccanismo fisiologico innato dell’ansia ci può anche consentire (determinando, tra l’altro, un aumento dello stato di vigilanza) di anticipare la risposta ad un potenziale pericolo prima che questo si sia palesato. Essa, determinando un’attivazione generalizzata delle risorse individuali, potenzia le capacità operative di un soggetto in risposta ad uno stimolo ben conosciuto e reale.

Talvolta, tuttavia, l’ansia può diventare invalidante determinando una condizione psicopatologica degna di attenzione clinica. Essa, da meccanismo fisiologico e funzionale alla sopravvivenza e all’evoluzione, diventa disfunzionale quando finisce per determinare una risposta inadeguata e/o irrealistica ad una determinata situazione, attivando, talvolta, financo delle preoccupazioni relative alla propria integrità e/o sopravvivenza. 

L’ansia adattiva, consentendo un incremento delle prestazioni individuali, è una risorsa di cui non è possibile prescindere. Basti pensare ad un uomo che si prepara ad affrontare un esame. Un livello tollerabile d’ansia lo aiuterà ad impegnarsi nello studio e, nei giorni prima degli esami, migliorando i processi attentivi, gli permetterà di apprendere con più facilità. Nella stessa condizione, un’ansia che raggiunge livelli particolarmente elevati e intollerabili, diverrà disadattiva determinando un peggioramento delle prestazioni con conseguente possibile “scena muta” agli esami.

La relazione tra livello d’ansia e prestazioni (negli animali) è stato documentato già nel 1908 da Yerkes e Dodson che hanno elaborato, sulla base di esperimenti, l’omonima legge (Fig.1) [1].

ansia e prestazione
Legge di Yerkes-Dodson

 

Da un punto di vista neuronale, il circuito ansia-paura prevede l’attivazione di due differenti vie: una via “corta” (short loop) ed una “lunga” (long loop). Nella prima il talamo sensoriale, che raccoglie tutte le percezioni sensoriali del nostro corpo, trasmette gli stimoli al nucleo amigdaloideo laterale che a sua volta li ritrasmette al nucleo centrale. Da quest’ultimo parte una stimolazione di ulteriori strutture determinando: l’aumento della frequenza respiratoria (riconducibile alla stimolazione del nucleo parabrachiale), l’aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca (dovuta ad un aumento del rilascio di noradrenalina indotto dalla stimolazione del locus ceruleus). L’attivazione, inoltre, della sostanza grigia e del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo determineranno, rispettivamente, la manifestazione di una risposta difensiva di “blocco” e l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) con un conseguente aumento degli adrenocorticoidi.

Nella via “lunga”, la corteccia sensoriale, l’insula e la corteccia prefrontale inviano il segnale al nucleo amigdaloideo laterale. Da qui il segnale viene inviato al tronco cerebrale e all’ipotalamo. Centrale, in questa via, a differenza di quella breve, è l’attivazione della corteccia prefrontale la cui funzione è quella di modulare l’ansia.

«Le vie efferenti del circuito ansia-paura innescano una risposta autonomica, che coinvolge il sistema simpatico e parasimpatico.

L’attivazione simpatica, mediata dalla stimolazione dell’ipotalamo da parte di amigdala e locus coeruleus, determina un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, sudorazione, piloerezione e dilatazione pupillare.

L’attivazione parasimpatica, le cui principali proiezioni sono rappresentate dai nervi vago e splancnico, mediata dall’ipotalamo, dal nucleo paraventricolare, dall’amigdala e dal locus coeruleus, può essere collegata ai sintomi viscerali associati all’ansia, come i disturbi gastrointestinali e genito-urinari.

Infine, il SNC influenza direttamente e indirettamente, attraverso complesse interazioni neuroendocrine e neurotrasmettitoriali, il sistema immunitario: la modulazione della immunosorveglianza può, allora, in determinate condizioni di esposizione a stress intenso e protratto, determinare una meiopragia d’organo o di sistema, fino alla comparsa di una malattia organica.» [2]

L’ansia può essere un sintomo presente in numerosi disturbi psicopatologici. In altri casi, essa stessa, diviene il quadro predominante del contesto clinico (disturbi d'ansia).

  «I disturbi d'ansia comprendono quei disturbi che condividono caratteristiche di paura e ansia eccessive e i disturbi comportamentali correlati. La paura è la risposta emotiva a una minaccia imminente, reale o percepita, mentre l'ansia è l'anticipazione di una minaccia futura. Naturalmente questi due stati si sovrappongono, ma sono anche differenti: la paura è più spesso associata a picchi di attivazione autonomica necessaria alla lotta o alla fuga, a pensieri di pericolo immediato e a comportamenti di fuga, mentre l'ansia è più frequentemente associata alla tensione muscolare e alla vigilanza in preparazione al pericolo futuro e a comportamenti prudenti o di evitamento. A volte il livello di paura o ansia è ridotto da comportamenti pervasivi di evitamento. […] i disturbi d’ansia sono differenti l’uno dall’altro per la tipologia di oggetti e di situazioni che provocano paura, ansia oppure comportamenti di evitamento, e per l’ideazione cognitiva associata. Di conseguenza, mentre i disturbi d’ansia tendono ad essere altamente in comorbilità tra di loro, possono essere differenziati attraverso un attento esame delle tipologie di situazioni temute o evitate e del contenuto dei pensieri e delle credenze a esse associati.

I disturbi d’ansia differiscono dalla normale paura o ansia evolutive perché sono eccessivi o persistenti rispetto allo stadio di sviluppo» [3].

 

I disturbi d’ansia vengono così classificati dal Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali (DSM-V) [4]:

  • Disturbo d’ansia di separazione;
  • Mutismo selettivo;
  • Fobia specifica;
  • Fobia sociale;
  • Disturbo di panico;
  • Agorafobia;
  • Disturbo d’ansia generalizzata;
  • Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci;
  • Disturbo d’ansia dovuto a un’altra condizione medica.

Un’attenta valutazione diagnostica è di cruciale importanza nel trattamento dell’ansia. Un’attenta diagnosi, infatti, consentendo un’approfondita conoscenza delle implicazioni dell’ansia sulla vita del paziente, permette di orientare il clinico verso il trattamento terapeutico più adeguato.    

 [1] Yerkes RM, Dodson JD. The relation of strength of stimulus to rapidity of habitformation. J Comp Neurol Psychol 1908;18:459-82.

 [2] Torta R., Caldera P., (2008) “Che cos’è l’ansia: basi biologiche e correlazioni cliniche”, Pacini ed., Pisa.

 [3] A. V.V. American Psychiatric Association, “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, (DSM V)” Cortina ed., Milano (2014).

 [4] Ibidem.

 Il Dr. Filippo Guccione riceve a:

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